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La Chiesa era sulla via Broseta, la via che, partendo da Piazza Pontida, portava a Como. Poco lontano c’era la Porta di Broseta al limite delle Muraine, la cinta medievale della città, ancora visibili sulla via Lapacano. La Chiesa di San Rocco faceva parte del Borgo di San Leonardo.

Nacque nel 1481 con la Repubblica veneta, da poco stabilmente insediata. Un primo restauro avvenne al tempo della peste manzoniana (1630). Da allora la chiesa fu dedicata solo a San Rocco; prima aveva come compatrono San Sebastiano. Fu costruita rispettando i dettami del Concilio di Trento. L’altare maggiore è centrale e ben visibile. I fedeli sono invitati a seguire l’azione liturgica senza distrazioni. Nella contrada in quel momento c’erano due notevoli pittori, il Cavagna e Il Talpino, bravi e perciò in concorrenza. Il Cavagna oltre alle preziose tele qui custodite affrescò il tiburio di Santa Maria Maggiore; il Talpino che già aveva lavorato per la Certosa di Pavia fece la grande tela del Martirio di Sant’Alessandro alla Basilica.

La volta fu decorata cent’anni dopo con tutta la volta – sull’esempio della Chiesa di San Marco e della Chiesa domenicana di San Bartolomeo – ad opera del pittore milanese Federico Ferrari che aveva lavorato per la Basilica di Sant’Alessandro in colonna nei medaglioni che raccontano del Santo patrono.

All’arrivo dei francesi (1797) la Chiesa non venne requisita né sconsacrata come capitò a quella di San Leonardo in mano ai Somaschi, ordine religioso soppresso. Si salvò dal sequestro perché di proprietà della contrada e perciò “del popolo”, secondo lo spirito della Rivoluzione.

La tela del Cavagna, San Rocco e i confratelli oranti, come l’altra, è esposte in occasioni particolari, ad esempio alla festa di San Rocco. Il Santo contrassegnato dai tradizionali segni della piaga sulla gamba che ricorda la peste, il bastone e il cappello del pellegrino, il cane ai piedi con la pagnotta di pane, è vestito dei tradizionali abiti della Confraternita, il panno verde – il colore della Confraternita – stretto da una corda, posto in una nicchia. Dallo sguardo si direbbe uno di noi, uno sguardo umano e comprensivo, nostro confratello, nella sicurezza del modello da seguire. I confratelli ai piedi si rivolgono a lui; uno di loro – il committente? – guarda noi spettatori, invitandoci al medesimo atto di devozione.

Ancora del Cavagna la Madonna con il bimbo. Lo sfondo dorato dà risalto ai volti. In contemplazione stanno i Santi protettori della peste, Rocco appunto e Sebastiano, e ai piedi due coppie di fedeli. Tutti sono coinvolti in un gioco di sguardi dialoganti che creano un’atmosfera di preghiera per chi entra. Nella tela sulla destra all’inizio della navata è presente San Carlo, uno dei promotori delle riforme del Concilio di Trento.

L’illustre ecclesiastico aveva rinunciato al ruolo di segretario di Stato accanto allo zio Pontefice per essere pastore a Milano a tutti gli effetti. Cardinale ma a Milano a sostenere i nuovi sforzi della Chiesa. Infaticabile nelle sue visite pastorali giungeva a Bergamo nel 1575, per la via di Milano oggi via Moroni. Il Cavagna deve averlo visto ed il volto del Santo gli era ben rimasto impresso.

La pittura religiosa cambiava indirizzo. Non più cortigiani e gentildonne, donne formose e uomini fieri, ma volti e corpi che rimandavano al mistero. La Riforma si era fatta sentire, con la Valtellina e poi i Grigioni vicini. Uno dei monaci del monastero cittadino di Santo Spirito si era aggiunto ai seguaci di Calvino, a Ginevra. Basta con accozzaglie di santi e madonne, lumini e acque miracolose, altarini che facevano perdere la centralità dell’atto liturgico della messa, rinnovamento del sacrificio di Gesù. La Chiesa di Roma rispondeva con una propria riforma e Carlo se n’era fatto portatore. E’ dipinto come un devoto, guarda il Cristo, che il Battista e la stessa Maria additano. Sullo sfondo, come un ritaglio, la “sacra famiglia” fugge in Egitto, preludio alle vicende dolorose del Salvatore.

Perché quel libro chiuso, che dà subito all’occhio? Con il Cristo il Libro sacro è completato. La religione cristiana resta sempre religione del Libro (ta biblìa), ma a differenza dell’Islam o dell’Ebraismo, il libro è Lui, di Lui il libro parla e parlava. Lui che è la nostra “speranza”, secondo il tema del Giubileo, è l’immagine di Dio.


La rubrica è diventata un libro

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