Biondi immobiliare

È morta oggi un’anziana signora che mi stava simpatica.  Ha fatto una vita bellissima e piena di responsabilità, vivendo in castelli e spostandosi a volte in carrozza. Mi dispiace per la sua morte come mi dispiace per la morte di chiunque.” Finalmente un pensiero razionale all’insegna dello stile e soprattutto del buon senso (come suggeritomi da un amico) espresso da Alessandro Gasmann su Twitter.

C’è da augurarsi che lo leggano in molti, nel mare invasivo di un totalitarismo mediatico omologato e perennemente agonistico in nome di un pugno di audience. Un totalitarismo farcito di luoghi comuni intercambiabili a seconda delle circostanze. Dove l’ipocrisia e il sovradimensionamento  del reale e della realtà, confondono la percezione mentale ed emotiva. Che toglie il tempo alla riflessione comparativa e alla dimensione normale del senso delle cose.  Il tutto propinato da un classe giornalistica che definire dilettantesca pare un complimento. Predicatori telecomandati che, con lo scettro-microfono in mano e sua maestà telecamera prona al loro super ego estetico, in nome di una mission devota più al fashion e al glamour che all’informazione, propinano le masse audio-video ipnotizzate di logorroici storitelling, conditi di strafalcioni grammaticali e imprecisioni storiche fuori controllo. Senza limitazioni o correzioni da parte di alcuno: conta solo la “diretta” purchessia .

Tornando al tema del giorno, la morte di una regina in un’epoca liquida e breve dovrebbe essere collocata nella giusta cornice di un contesto sociale ed economico dove le differenze – tra una esigua minoranza gaudente e superprivilegiata a cui ogni desiderio e aspirazione è dato soddisfare,  e una stragrandissima maggioranza alle prese con la quotidianità perennemente problematica di ansie, preoccupazioni, sofferenze, indigenza, inganni e illusioni perdute – costituiscono la sola pietra di paragone esistenziale.

Sentire ancora nel 2022 parlare di sudditi e di regno, non dai diretti interessati, ma da giornalisti, predicatori e imbonitori videosalottieri, farebbe accapponare la pelle se non fosse che il tutto viene frullato, confuso e digerito (dunque quasi nulla ascoltato e percepito) nel brodo mediatico dello sproloquio difficilmente uditivo ancorché urlato e antiargomentativo .

Se poi si volesse e dovesse fare una giusta e più che ormai attuale analisi sulla funzione e opportunità dell’esistenza e validità di una monarchia peraltro solo di facciata perché priva di reali strumenti decisionali e di potere (supplita da un parlamento e da un governo regolarmente eletti, mai ereditario come appunto un re o una regina), ma dai costi esorbitanti e poco controllabili, oltre che istituzione quanto mai anomala e sperequata in una società dove l’evoluzione biologica, economica e sociale ha portato i cittadini tutti ad acquisire, per diritto umano, pari dignità e pari opportunità, si potrebbe arrivare conseguentemente ad una soluzione non certo favorevole per “lei“.

Ma il discorso ci porterebbe troppo lontano. Rimaniamo all’attualità: confortati, almeno, da una pausa di riflessione, poniamoci anche solo una domanda sui 70 anni di regno! Cosa avrà mai donato al progresso e al benessere dei suoi? La risposta non è così immediata, anzi rimane sospesa.  Per forza di cose, crediamo. Com’è giusto che sia. Una persona, in un contesto globale, per potente che sia, o scatena guerre e disastri all’umanità, come Napoleone o Hitler o Stalin, oppure contribuisce, come tutti,  nella misura delle proprie competenze e abilità all’evoluzione e al procedere della vita. 

Invece quello cui siamo sottoposti in questi giorni (chi sa mai quando finirà) è un aureolato culto della personalità, peraltro astorico e fuori tempo massimo. Oddio, forse non proprio. Dopo la pandemia ormai piuttosto lontana, dopo una guerra che pare al logoramento, dopo l’economia fuori controllo, ci voleva la notiziona che riempisse di maniacale melassa telecomandata le menti ansiogene delle folle e distogliesse i pensieri sul futuro incerto, sull’ambiente a rischio, sulla fine del mese che non combacia quasi mai con le propria busta paga… persino Totò si sbagliava: la morte non è una livella (per tutti).


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