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Il vescovo dell’eparchia di Segheneiti in Eritrea, monsignor Fikremariam Hagos, è stato in visita pastorale a Bergamo e Milano. Ha incontrato le comunità eritree del territorio e sabato 23 luglio ha chiuso la tappa bergamasca celebrando una Santa Messa a Sotto il Monte – Giovanni XXIII.

Un mandato episcopale iniziato nel 2012

Un viaggio che è voluto essere anche un appello per raccogliere aiuti da destinare ai bisogni della sua gente. A seguito della radicale ristrutturazione operata dalla Santa Sede in Eritrea, nel maggio 2012 venne eretta l’eparchia di Segheneiti dove monsignor Hagos ottenne il mandato episcopale. “Un territorio – precisa Sua Eccellenza – che si estende sulla regione sud-orientale dell’Eritrea, comprendente le antiche province dell’Acchele Guzay, della Dancalia e parte del Semhar. Insieme con il bassopiano occidentale (Bogos) costituisce la sede del primitivo sviluppo del cattolicesimo, introdotto nel XIX secolo dal grande missionario San Giustino de Jacobis, con i confratelli lazzaristi, e poi sviluppato ed esteso dai loro successori: i frati Cappuccini italiani”.

L’attività pastorale e sociale

Un’eparchia che ha arricchito la chiesa di numerose vocazioni religiose e sacerdotali e di una decina di vescovi. “Attualmente – continua monsignor Hagos – abbraccia circa 40.000 cattolici, sparsi in 36 parrocchie e 15 cappelle, serviti dal clero diocesano e da vari istituti religiosi maschili e femminili. Oltre al ministero strettamente pastorale, la diocesi di Segheneiti, così come le altre diocesi, gestisce una vasta rete di attività sociali e di promozione umana, come le scuole, le cliniche nonché i centri di promozione della donna”. La situazione dell’Eritrea non è cambiata rispetto a due anni fa quando monsignor Hagos, insieme agli altri tre vescovi del paese, nel giorno dell’anniversario dell’Indipendenza, firmarono la lettera pastorale “Dov’è tuo fratello”. Una domanda biblica che, afferma il presule, “toglie il sonno” e invita a ritrovare il senso di tutte quelle dimensioni, personali e sociali, che incoraggiano la giustizia e la pace.

Le odissee dei giovani in fuga…

Nel testo si richiamava l’attenzione alla morte di tanti innocenti nel tentativo di guadagnarsi occasioni di vita migliori sfidando vere e proprie odissee non solo nel Mar Mediterraneo, ma anche nell’arsura del deserto del Sinai.Si è pianto, e si è pianto tanto, nelle case e fra il pubblico – ricorda addolorato il vescovo – Quattro giovani, non ancora ventenni, morti in mare nell’ottobre del 2013, appartenevano alla mia parrocchia. Un fatto che mi procura tanta sofferenza. Sono ragazzi, per lo più studenti, con i quali si sono intessute relazioni. E da un giorno all’altro, senza che sia stato possibile presagire una loro intenzione di fuga, hanno lasciato il paese”.

… verso l’illusione di “assistiti permanenti”

Giovani con irrealizzabili illusioni “Che tragedie come quelle – conclude Monsignor Hagos – che hanno tristemente segnato la storia del nostro paese in questi ultimi decenni si avverino alle porte di un continente progredito è davvero, come continua a ripetere il Santo Padre, incompatibile con il grado di civiltà e di progresso oggi raggiunto. Dobbiamo francamente prendere atto che l’attrattiva di un livello di vita migliore all’estero ha finito per creare irrealistiche aspettative ed irrealizzabili illusioni, che a loro volta inducono i giovani e i loro genitori ad un indiscriminato uso di mezzi. Come, per esempio, i matrimoni improvvisati, impreparati o addirittura falsi. C’è chi si fa sedurre dalla speranza di una vita da “assistito permanente” all’estero, rinunciando a qualsiasi tentativo di guardare se c’è qualche altra alternativa nel proprio paese”. (Bruno Silini)

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