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Ciò che, dunque, spande la luce della verità sulle conoscenze acquisite, ciò che dà all’anima la facoltà di conoscere, dì pure che è l’idea del Bene. Essa è il principio della scienza e della verità, in quanto appartengono all’intelligenza, ma per quanto belle siano (la scienza e la verità) l’idea del Bene ne è distinta e sarai nel giusto se la riterrai di gran lunga più bella. E come nel mondo visibile è giusto credere che la luce e la vista abbiano una qualche analogia col sole, ma sbaglieremmo se le prendessimo per il sole stesso, così nel mondo intelligibile è giusto credere che la conoscenza e la verità siano simili al sole, ma sbaglieremmo se la credessimo lo stesso Bene. -Di un infinita bellezza tu parli!, esclamò, se di conoscenza e verità è causa, e se conoscenza e verità supera in bellezza: ché di certo qui tu non intendi parlare del piacere. -Non bestemmiare!, dissi. Ma considera la sua immagine ancora meglio, in questo. -Come? – Sarai d’accordo, no?, io credo, nel dire che il sole dà agli oggetti visibili non soltanto la possibilità di essere veduti, ma dà anche vita, sviluppo e nutrimento, pur non essendo il sole né vita ne generazione. – E come no? -Così gli esseri conoscibili dirai che non hanno dal bene soltanto la possibilità di essere conosciuti, ma anche il loro essere e la loro essenza, per quanto il Bene non sia affatto essenza, ma qualcosa di molto più elevato dell’essenza, in dignità e potenza (Repubblica, 508d – 509b)

Nella Repubblica Platone ha concepito il bene come il fine supremo del nostro agire ponendolo al sommo grado della gerarchia delle idee. Il bene era paragonato al sole che rende conoscibili le idee e le cose naturali. Nel Filebo il filosofo ateniese si ripropone il problema del bene e cerca di stabilire cosa sia per l’uomo.

Il dilemma che viene presentato in questo dialogo ruota attorno alla contrapposizione tra la tesi (esposta da Polemarco) secondo cui il bene si identifica con il piacere e la tesi (proposta da Socrate) secondo cui il bene, invece, si riferisce all’intelligenza e al sapere.

La difficoltà di accettare entrambe queste proposizioni sta nel fatto che sia il piacere che il sapere non sono considerabili generi unici ma in entrambi i concetti possiamo fare rientrare una molteplicità di specie; come abbiamo quindi un’infinità di piaceri diversi, così abbiamo anche una moltitudine di forme di intelligenza differenti. Occorre, quindi, prima di stabilire se delle due tesi ce ne sia una corretta, definire cosa sia il Bene.

Il Bene per Platone non ha nulla a che vedere con l’etica (come afferma anche Aristotele) ma è una virtù, o meglio, la virtù delle virtù, ossia il saper pensare, il pensare il vero. E se, e solo se, riusciamo a integrare entrambe le tesi esposte entro questi termini (bene uguale piacere e bene uguale intelligenza) allora queste risulteranno corrette. Per essere orientato al bene, dice Platone, ogni piacere deve avere la sua intelligenza e ogni intelligenza deve garantire un certo piacere. E solo l’abilità di pensare correttamente, quindi con intelligenza, è in grado di garantire un autentico piacere.

Per Platone esistono alcune condizioni essenziali senza le quali non è possibile pensare correttamente, e quindi orientarci verso il bene. Il reale per poter essere pensato, senza scadere nell’apparenza o nella contraddizione, deve essere determinato dall’intreccio di quattro generi fondamentali: finito (l’intelligenza), indefinito (il piacere), il misto e la causa.

La conclusione alla quale ha voluto giungere Platone nel Filebo è che non c’è piacere senza intelligenza e intelligenza senza piacere. Per questo entrambe le proposizioni iniziali, se prese separatamente, sia quella che identifica il bene col piacere che quella che identifica il bene con il sapere, sono scorrette. Corrisponderà invece al bene quella forma di vita propriamente umana che unisce in un genere misto sia il piacere che intelligenza. E’ tutta una questione di misura: se il piacere rischia di essere illimitato occorre imporre un limite, una misura, un numero. A farlo è proprio l’intelligenza, la quale attraverso il pensare correttamente, è in grado di trasformare ciò che, per essenza, pretende l’assenza di ogni limite o misura (come il piacere dei sensi) in un ordine e in una proporzione numerica.

Per questo, per Platone, i piaceri possono essere ordinati gerarchicamente. Devono entrare nella vita umana solo quei piaceri puri, quelli cioè derivanti dalla contemplazione delle belle forme, dei colori, delle armonie. Sono invece da escludere quelle forme di godimento corporeo che non comprendono forme di sapere e la partecipazione delle idee.

La gerarchia dei valori viene stabilita da Platone in questo modo:

La prima cosa da conquistare sta, dunque, nella misura, nella giustezza, nella opportunità e in tutto ciò che bisogna ritenere che, a questi simile, sia stato prescelto ed assunto da sempre (…). La seconda sta nella simmetria e nella bellezza, nella perfezione, sufficienza e in tutto ciò che appartiene a questa famiglia (…). Terzo allora poni la mente e l’intelligenza(…). Al quarto posto le cose che dicemmo appartenere all’anima, ciò che chiamammo scienze, arti, opinioni vere (…). Al quinto allora i piaceri che definimmo piaceri non dolorosi e dicemmo piaceri propri dell’anima stessa, e che sono conseguenza gli uni delle scienze gli altri delle sensazioni (Filebo. 66A-c)

STORIA DELLA FILOSOFIA. TUTTE LE LEZIONI PUBBLICATE

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Lezione 2: Eraclito, filosofo del Panta rei
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Lezione 4: Parmenide e le vittime dell’illusione dei sensi
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Lezione 27: Le scuole socratiche: megarica, cinica e cirenaica
Lezione 28: Introduzione alla filosofia di Platone
Lezione 29: La vita di Platone, filosofo e lottatore
Lezione 30: I primi dialoghi di Platone e l’influenza di Socrate
Lezione 31: L’Iperuranio e il concetto di idea in Platone
Lezione 32: Platone. Il rapporto tra il mondo sensibile e il mondo delle idee
Lezione 33: La teoria della reminiscenza di Platone
Lezione 34: Platone e l’immortalità dell’anima
Lezione 35: Verità e opinione per Platone
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Lezione 37: Il mito della biga alata di Platone. La distinzione tra anima e corpo
Lezione 38: Il mito della caverna di Platone. Cosa fare per diventare filosofo
Lezione 39: Platone e il mito dell’androgino raccontato nel Simposio
Lezione 40: Platone e il mito del demiurgo introdotto nel Timeo
Lezione 41: Platone. Il mito di Prometeo
Lezione 42: Platone il mito di Theuth e del suo comodo alfabeto
Lezione 43: Saper ragionare bene. Bello e giustizia in Platone/
Lezione 44: Lo Stato giusto secondo Platone
Lezione 45: Le tre classi dello Stato nella Repubblica di Platone
Lezione 46: Il comunismo platonico e la ricerca della felicità
Lezione 47: Platone e i segreti sull’educazione dei governanti
Lezione 48: Le degenerazioni dello Stato secondo Platone
Lezione 49: Il pensiero di Platone sulla scienza e l’arte imitativa
Lezione 50: Platone. La retorica a servizio della dialettica
Lezione 51: Platone. La dialettica come scienza suprema delle idee
Lezione 52: Platone. Il concetto di essenza e il concetto di esistenza
Lezione 53: Come Platone si sbarazza del problema del nulla e dell’errore

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Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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