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Dopo aver esaminato i vari tipi di proposizione in relazione alla qualità e alla quantità e aver rappresentato le diverse possibili opposizioni, negli Analitici primi Aristotele passa a illustrare le strutture e i modi del ragionamento.

Per Aristotele il semplice giudizio e la formulazione di proposizioni non presuppongono in sé il ragionamento. Perché il ragionamento nasce, per il filosofo, solo quando, anziché limitarci a pronunciare giudizi o proposizioni tra loro prive di collegamento, creiamo nei nessi, delle relazioni, dei collegamenti logici tra i giudizi o le proposizioni. Questi nessi fanno sì che le proposizioni del discorso siano le une causa delle altre, le une antecedenti e le altre conseguenti.

Il sillogismo è per Aristotele il ragionamento per eccellenza. Nella definizione di sillogismo di Aristotele lo spiega come un discorso nel quale poste due premesse, una chiamata maggiore e l’altra minore, segue necessariamente una conclusione. Ecco un semplice esempio:

Come si vede dall’esempio riportato, date due premesse, una maggiore (ogni animale è mortale) e una minore (ogni uomo è animale) ne segue una conclusione logica (ogni uomo è mortale)

Inoltre, se distinguiamo i termini a seconda della loro estensione, avremo in ordine decrescente, il termine maggiore, quello medio e quello minore. Nella premessa maggiore il termine maggiore (mortale) è predicato (perché lo include) del termine medio (animale). Nella premessa minore è il termine medio (animale) a diventare predicato del termine minore (uomo) e, infine, nella conclusione il termine maggiore (mortale) diventa per deduzione logica il predicato del termine minore (uomo). Come si può riscontrare, Il termine che collega e crea un nesso tra i due termini opposti in grandezza (mortale, uomo) è il termine medio (animale). Ciò succede perché il termine medio è incluso nel termine maggiore ma allo stesso tempo include il termine minore. Le caratteristiche fondamentali del sillogismo aristotelico sono, quindi, il suo carattere mediato e la sua necessità.

Per Aristotele, il termine medio del sillogismo rappresenta la sostanza, ossia l’essenza del termine minore, che solo rende possibile la conclusione. La connessione tra la sostanza e il sillogismo spiega anche perché le premesse di quest’ultimo, riferendosi alla essenza necessaria dell’oggetto, siano sempre universali.

Aristotele non si ferma però al caso sopraccitato, chiamato sillogismo tipo, nel quale il termine medio figura da soggetto della premessa maggiore e da predicato nella minore. Ma ipotizza altri tipi di sillogismi nei quali il termine medio funge da predicato oppure da soggetto in entrambe le premesse. Ritengo che non sia opportuno trattare in questa sede anche tali ipotesi per non appesantire eccessivamente la lettura.

La struttura del sillogismo

E’ introdotta, come già detto, negli Analitici primi. In quest’opera Aristotele descrive da un punto di vista prettamente formale i passaggi necessari che lo caratterizzano. Lo stesso filosofo è però consapevole che, anche rispettando fedelmente la struttura formale e logica del sillogismo, questo può ugualmente condurre a conclusione errate, non vere. Il che accade quando le premesse, in sé, non sono valide. Ad esempio, un sillogismo che inizia dalla premessa: “ogni animale è immortale” anche se rispetterà fedelmente la forma richiesta condurrà per forza di cose a conclusioni false (ogni animale è immortale, l’uomo è un animale, conclusione = l’uomo è immortale).

Aristotele consapevole dell’importanza della questione decide di occuparsi del cosiddetto sillogismo scientifico (o dimostrativo) ossia quello che parte da premesse vere, negli Analitici secondi. In esso il filosofo si chiede come si ottengono premesse vere. A questa domanda non fornisce una risposta chiara e esauriente e parla inizialmente degli assiomi generali. Con tale termine ci riferiamo a quelle proposizioni che si basano su verità intuitive comuni a tutte le scienze (come il principio di non contraddizione) o altri principi fondamentali come il principio di identità secondo il quale una cosa è sempre uguale a se stessa (A=A) ed il principio del terzo escluso, secondo cui tra due opposti contraddittori non c’è via di mezzo o possibilità di un terzo (Aristotele è il padre del sistema binario!).

Si tratta comunque di principi che pur essendo importanti e indiscutibili non sono sufficienti a valutare la verità di una premessa perché sono davvero troppo generali. Ciò che è necessario infatti è di dimostrare verità particolari, riferite a casi concreti. Per questo Aristotele guarda le singole scienze e ai principi propri di queste. Tali sono le ipotesi e dà un elenco di definizioni che enunciano l’essenza dell’argomento di cui si sta parlando.

Le definizioni consistono innanzitutto nel predicare di un concetto il suo genere prossimo, ossia nel cercare il genere più vicino al quale appartiene. Ad esempio se prendiamo il concetto di “uomo” il genere a lui più prossimo è quello di “animale”. Ma questo non basta a formulare una definizione di una cosa. Dire che l’uomo è un animale è giusto, ma di animali ce ne sono di infinite specie, per questo occorre abbinare al concetto una qualità particolare che caratterizza la cosa e le permette di distinguerla dalle altre cose facenti parte dello stesso genere prossimo. Ne consegue che le definizioni si ottengono non solo predicando il genere prossimo della cosa ma anche ricercando la differenza specifica che ci permette di guadagnare quella nota particolarissima che serve per individuare un ente nella sua particolarità. Nel nostro esempio, la differenza specifica dell’uomo, può essere che è “ragionevole” ossia che usa la ragione. Per cui la definizione dell’uomo è che l’uomo è un animale (genere prossimo) ragionevole (differenza specifica). Questo procedimento ricorda molto da vicino il metodo dialettico di Platone composto  dalla sintesi e dall’analisi e cioè dall’unificazione e dalla divisione.

Ma le definizioni, secondo Aristotele, non possono da sole costituire la risposta al nostro quesito iniziale  (come si ottengono premesse vere?). Il filosofo si chiede infatti da dove esse derivino e inizialmente pensa di aver risolto il problema con l’induzione che consiste nel procedimento grazie al quale dal particolare si ricava l’universale e con la deduzione che si basa nel movimento opposto, ossia nel procedere dall’universale al particolare. Ma questi strumenti logici non sono sufficienti a garantire  la  verità delle cose perché pensare ad esempio che, dopo aver osservato un animale mangiare l’erba, tutti gli animali la mangino ci può portare a conclusioni sbagliate.

Insoddisfatto dalle risposte ottenute Aristotele decide di guardare altrove e si crea la convinzione che le definizioni nascano grazie all’intelletto, o meglio da un’intuizione intellettiva. In pratica provengono da un ragionamento, che però, a differenza di Platone, non è un atto puro del pensiero svincolato da qualunque esperienza sensibile, ma il prodotto di un’attività prolungata di osservazione dei casi particolari. Questo significa che l’esperienza non produce da sola delle verità ma è lo sguardo razionale dell’intelletto capace di scrutare il mondo con lo sguardo osservativo e critico a carpire l’essenza delle cose, a cogliere l’universale e a ipotizzare verità scientifiche. Così dopo aver osservato ripetutamente che gli animali muoiono (esperienza) si è potuti arrivare a concludere, per intuizione intellettiva, che la mortalità è un carattere essenziale dell’animalità e che possiamo con certezza affermare che “gli animali sono esseri mortali”.

Risulta a questo punto chiaro che per Aristotele la scienza si configura come un sapere delle essenze basato su un atto di intuizione intellettuale successivo all’esperienza. E qui emerge in tutta chiarezza l’allontanamento di Aristotele da Platone che giudicava il dato sensibile come l’elemento fondante di un sapere non certo ma corrotto dalle opinioni.

Per concludere

Riportiamo alcuni cenni sul significato della dialettica per Aristotele. Se gli Analitici primi e gli Analitici secondi presentano la teoria del sillogismo, i Topici (opera scritta nel periodo accademico) sono dedicati allo studio della dialettica.

Diciamo subito che, per Aristotele, la dialettica ha un significato diverso che per Platone per il quale essa assurgeva a scienza suprema e col compito di ordinare le altre scienze. La sua particolarità, infatti, per Aristotele, è quella di basarsi su principi che, a differenza di quelli delle scienze, non sono inconfutabili (perché dimostrabili) ma solo probabili e per questo le conclusioni non sono necessarie. Ne fanno parte quei ragionamenti adoperati principalmente, con fini persuasivi, nell’oratoria forense e politica.

Per questo lo Stagirita scorge nella dialettica soltanto un ragionamento debole, poco affidabile perché è caratterizzato da premesse che a suo dire “sembrano accettabili a tutti o ai più o ai competenti”

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Lezione 49: Il pensiero di Platone sulla scienza e l’arte imitativa
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Lezione 53: Come Platone si sbarazza del problema del nulla e dell’errore
Lezione 54: Il bene per Platone, fine supremo del nostro agire
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Lezione 58: Introduzione alla filosofia di Aristotele e le differenze con Platone
Lezione 59: La vita di Aristotele, il filosofo nato in Macedonia
Lezione 60: La classificazione delle opere di Aristotele
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Lezione 63: Aristotele. I significati e le categorie dell’essere
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Lezione 65: Il concetto di sostanza per Aristotele, unione di forma e materia
Lezione 66: Aristotele. La teoria delle quattro cause
Lezione 67: Aristotele critica Platone
Lezione 68: Aristotele. Il concetto del divenire
Lezioni 69: La concezione di Dio in Aristotele
Lezione 70: La logica in Aristotele. Lo strumento per tutte le scienze
Lezione 71: La proposizioni in Aristotele. Ossia le frasi

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Autore

Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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